2015-03 - Politeama Cremonese (visita) - ©2024 Roberto Caccialanza | Ricerca, fotografia, pubblicazioni, mostre

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CREMONA AMARCORD
IL 'POLITEAMA CREMONESE'

6 gennaio 1898
Visita al nuovo 'Politeama Cremonese'


Articolo pubblicato il 29 marzo 2015.

Nei primi giorni del novembre 1897 il ‘Politeama’ era in costruzione. I lavori, febbrili, proseguivano anche di notte per assicurare l’apertura ormai fissata per il successivo giovedì 6 gennaio: dentro le caldaie si faceva bollire la pece da stendere per la pavimentazione, nelle stridenti fucine si batteva e si saldava il ferro, al piano superiore lavoravano gli stuccatori, gli ambienti erano occupati da fitte impalcature; operai che salivano e scendevano, che si arrampicavano sui ponteggi come fossero ragni… Tutto doveva essere pronto e perfetto per la serata di gran gala. Nel frattempo il Prefetto di Cremona on. Toni suggerì di dedicare il ‘Politeama Cremonese’ “all’immortale M. Verdi” (24 novembre, era da poco venuta a mancare Giuseppina Strepponi), l’editore ‘Ricordi e C.’ aveva già firmato oltre ottanta contratti per la ‘Bohème’, i palchi erano andati a ruba… Il 18 dicembre l’ing. Antonio Leoni di Milano (professore alla scuola d’applicazione degli Ingegneri) fece il sopralluogo per attestare la perfetta agibilità del ‘Politeama’, che per il collega Sfondrini rappresentava il 30° teatro progettato e costruito. L’impresa Baracchi scritturò per il Cartellone il soprano Emma Cisterna di Milano e il Maestro Egisto Tango quale direttore/concertatore, oltre a 40 elementi d’orchestra, 36 coristi, 30 comparse, 8 ballerine, 8 ragazzi.

L'INAUGURAZIONE E GLI INTERNI DEL TEATRO
La sera dell’inaugurazione il teatro fu riempito da una grande folla che prese letteralmente d’assalto le sedie, i posti distinti, le gallerie e i palchi, adornati con “splendidi” bouquets. L’atrio, al quale si accedeva tramite piccoli vestiboli, occupava tutta la larghezza del ‘Politeama’ (22 metri), dalle via Longacqua (oggi Cesare Battisti) alla via Cantoncino (attuale Alfredo Galletti): la sala era abbondantemente ed elegantemente decorata con stucchi in stile Luigi XV; comunicava con il teatro grazie a cinque aperture, la centrale delle quali -più ampia- immetteva direttamente alla platea. Sopra l’atrio, all’altezza della prima galleria, si trovava uno spazioso foyer (m. 21x6, destinato in parte al servizio caffè) illuminato da due grandi finestroni trifori, ai lati anch’esso decorato a lesene e stucchi, con un grande medaglione nella volta che rappresentava piccoli putti festanti: dava accesso diretto alla scala del loggione -quindi sulla via Longacqua-, senza comunicare con il resto del teatro. Superiormente al foyer si trovava una vasta terrazza, accessibile dal loggione e dalla seconda galleria. All’interno delle sale il colore dominante era il bianco, “bianco ed oro vaporoso”. La vasta platea comunicava attraverso otto porte con l’ambulacro che la circondava, il pavimento era di legno, ma nella parte centrale una porzione circolare di questo era asportabile e sotto vi era un fondo di asfalto adatto agli spettacoli circensi. Il primo ordine era formato da 27 palchi; la galleria superiore era ad arena eccetto tre grandi palchi per ciascuna parte, verso il proscenio; la seconda galleria era formata da tre ordini di sedili con palchi ai lati, verso il proscenio. Ognuno degli ordini era servito da quattro scale comodissime, tutte di pietra viva, due delle quali avevano accesso all’atrio e le altre si trovavano al fianco del proscenio. Il loggione aveva la propria scala che dava sulla via Lungacqua. Il proscenio aveva tre palchi ai lati. La bocca di scena era larga circa 9,80 metri e alta 10 (a chiuderla il sipario del pittore Antonio Rizzi, simile a quello già creato per il teatro della Concordia, oggi ‘A. Ponchielli’): la sua decorazione era semplice e grandiosa al tempo stesso, mentre degno d’attenzione era il coronamento mediante una balconata per tutta la sua larghezza, con balaustra (si poteva accedere alla balconata dagli estremi della seconda galleria e serviva per la musica durante gli spettacoli di circo). Il palcoscenico misurava circa 21 m. di larghezza per 12 di profondità. Sotto il tavolato di legno, poggiante su ossatura metallica rivestita di ferro per motivi di sicurezza, si trovava un sotterraneo di eguale ampiezza, profondo circa 3 metri, occupato in parte dal locale dell’impianto di illuminazione elettrica doppia (ovvero due motori a gas da 16 cavalli ciascuno e due dinamo a corrente continua) e per il resto dalla scuderia per le compagnie equestri. Sopra al palcoscenico si trovavano i camerini e quattro grandi cassoni d’acqua della capacità complessiva di 11000 litri (da utilizzare in caso di incendi, per la pulizia o per il funzionamento dei macchinari).
Spiccava, infine, la grande cupola di 11 metri di raggio, costituita da 16 centine di ferro a traliccio, che avevano altrettanti punti di appoggio sui muri del perimetro e su robuste colonne d’acciaio; nella parte superiore era coperta di lamiera di piombo sotto la quale si trovava un grande tamburo in muratura di tavelloni forati sulla base. Verso l’interno un rivestimento di rete di ferro intonacato con decorazioni di stucchi e di fiori era sospeso alla cupola. Nel cerchio interno di quest’ultima sorgeva una grandiosa lanterna che dava luce al teatro attraverso vetri (quelli del tamburo erano apribili). Alla base del tamburo si trovava un balconcino nascosto all’occhio dello spettatore.

EPILOGO
Dunque lo spettacolo ebbe inizio alle ore 20. La ‘Bohème’ fu preceduta dal prologo in versi di Luigi Ratti intitolato Il Vecchio e Il Nuovo, una sorta di conversazione fra il teatro Ricci (interpretato da Ratti) e il ‘Politeama’ (avv. Andrea Boschi) che si scambiavano i ricordi del passato e le aspirazioni del futuro. Durante la recita il pubblico tributò fragorosi applausi quando fu evocato il nome di Verdi (“gloria a Giuseppe Verdi!...).
Al termine dell’opera gli artisti furono chiamati alla ribalta, tra concitati applausi e grida inneggianti al Maestro Tango. Fu un vero successo di pubblico e di critica.


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