2015-03 - Il castello di Santa Croce nel Cinquecento - ©2024 Roberto Caccialanza | Ricerca, fotografia, pubblicazioni, mostre

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CREMONA AMARCORD
IL CASTELLO DI S. CROCE

Il castello di Santa Croce
Nel Cinquecento una fortezza inespugnabile


Articolo pubblicato il 15 marzo 2015.

Sappiamo che il Castello di Santa Croce era circondato da un profondo e largo fosso dove scorreva acqua perenne, che diversi ponti levatoi comunicavano colla città e contado. Nel fosso del Castello c’era il mulino. Massicci torrioni sporgenti sui fianchi del Castello si elevavano minacciosi contro la città e il contado, e siccome erano troppo alti, durante la do­minazione veneta (1499-1509) vennero abbassati.

Nell’interno del Castello si trovavano giardini, magnificati da Lodovico il Moro durante una sua lunga permanenza, cortili, vasti magazzini, locali ad uso caserme, porticati, la chiesa con torre campanaria, le abitazioni dei duchi e del castel­lano.

Le sale dell’abitazione dei duchi servivano anche per ospitare personaggi illustri, transitanti per Cremona o venuti per soggiornarvi: Bianca Maria Visconti, durante, le assenze del marito, v’ebbe stabile dimora; quando Lodovico il Moro nel 1483 insieme al fratello Ascanio convocò la dieta di Cremona contro i veneziani, il Castello di Santa Croce ospitò i più illustri principi italiani ed i loro seguiti. Ricordiamo: Lorenzo il Magnifico, il Bentivoglio, il marchese di Mantova, il duca di Ferrara, il duca di Calabria, il Legato del Papa, Lorenzo da Castello.

Pare che nel Castello si fabbricassero pure le tegole, perché troviamo i moduli di ferro per far coppi e pistoni per pestar la terra. Esisteva inoltre tutto il necessario per confezionare la polvere e proiettili d’artiglieria.
Il Castello doveva essere pure provvisto di uno o più forni perché sono elencate le pale per infornar il pane, le stadere o bilance e un’altra di legno grossa col suo asse oltre i cassoni per la farina. Figurano nell’inventario pure sei tavole per un giuoco della palla.

Nel cortile del Castello c’era un pozzo provvisto di catena di ferro con sedelloni, per tirar acqua e tre navelli o albi di pietra e marmo contro il pozzo per lavar panni. La torre della chiesetta del Castello era provvista di una campana con l’orologio delle ore «per la messa». Sopra la porta del corpo di guardia all’esterno del ponte levatoio c’era il campanello di chiamata.
Della potenza del Castello, basti ricordare quanto scriveva nel 1525 Antonio e Leyda a Carlo V: «nello Stato havvi una Cremona, terra sì forte e grande che in essa V. M. potrebbe resistere mille anni».

La dotazione in proiettili per l’artiglieria: 333 balle da cannone da 60 libre; 651 da 50; 514 da mezzo cannone da libre 25; 479 da quarto di cannone da 12 ½; 549 da sangro da 8; 416 da sangro da 5 ½; 323 da 6 ½; 39 diverse – tutte di ferro. Proiettili di piombo: 72 da 8 da sangro; 20 da falconetto da 3; 36 da 2 ½; 308 da smeriglio da 1 ½; 575 da smeriglio da 1; 81 da doppio cannone; 510 da falconetto da 2; 31 da sangro da 8. Totale: 3304 proiettili di ferro e 1733 di piombo. Le munizioni: 135 barili di polvere del peso lordo di pesi 913,16; salnitro purificato pesi 98; da purificare 179,6; solfaro pesi 94,12; piombo pani 122 ½ del peso 803,17; gabbioli da falò per far allegria; trombe e palle da foco artificiato.


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