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CREMONA AMARCORD
NEVE E GELO NELLA STORIA

Grandi nevicate e forti gelate
nella storia a Cremona


Articolo pubblicato il 15 febbraio 2015.

Se andiamo a ritroso nel tempo, le ultime grandi nevicate che si ricordino prima di quella dei giorni scorsi risalgono al 1985, 1972 (dal 25 al 29 gennaio si accumularono ben 97 cm. di neve), 1969 (40 cm.), 1955 (copiosa nevicata per il Giovedì Grasso e altri 40 cm. dal 5 al 12 marzo). Nel 1954 nevicò ininterrottamente dal 3 al 5 gennaio e il manto raggiunse lo spessore di 85 cm.: furono mobilitati 600 spalatori, alla stazione lavorarono 100 soldati per liberare i binari; nel Giardino Pubblico di Piazza Roma crollarono due giganteschi pini; le salme raggiungevano il cimitero trasportate con le slitte; nelle campagne crollarono decine di tetti e fienili. Dopo la neve, il 9 gennaio la temperatura scese a -11,4° e pochi giorni più tardi schizzò a +8,5°.
Prima ancora, nell’arco di cinquanta giorni compresi tra gennaio e febbraio 1947, scese a Cremona uno spesso strato di neve e a causa del freddo il Po ghiacciò parzialmente con discesa di icebergs: a Piacenza si registrò un totale di 131 cm. (39 a gennaio e 92 nel mese successivo), tra il 26 gennaio e il 4 febbraio il manto nevoso raggiunse i 44 centimetri (con 36 ore di precipitazioni), cui, l’8 febbraio, se ne aggiunsero altri 24 e 14 fra i giorni 18 e 19. Quell’anno fu straordinario in tutta la pianura padana anche per le temperature che arrivarono fino a 15,2 gradi sotto zero.
Dopo le rigidissime temperature del 1917 e la piena del novembre 1928, alla metà di febbraio 1929 sopraggiunse di nuovo il gelo che la fece da padrone in tutta Europa: i titoli dei giornali raccontano di una situazione critica in tutto il continente: “Continuano le bufere di neve sull’Europa”, “La Germania paralizzata dal freddo”, “Fame nell’Europa centrale”, “Il Tamigi verso il congelamento totale”, “Vienna in stato di guerra contro il gelo implacabile”, “Berlino del tutto priva di carbone”… Ovunque in Italia si registrarono temperature eccezionalmente rigide: a Bologna nevicò “furiosamente” per due giorni, a Mantova lo strato bianco raggiunse e sorpassò i 50 cm., a Cremona si arrivò a 60 e le temperature minime rimasero per molti giorni fra i -15 e i -25 gradi centigradi. Come gli altri fiumi, anche il Po era parzialmente ghiacciato: a preoccupare erano soprattutto gli innumerevoli iceberg, grandi e piccoli, che facevano somigliare il Grande Fiume a una distesa di pack: questi blocchi di ghiaccio andavano a urtare contro i piloni del ponte provocando rumori cupi e sinistri; una enorme lastra si incastrò perfino fra il primo e il secondo pilone creando un po’ di apprensione. Il fenomeno si accentuò al termine del periodo freddo, a seguito di un rapido disgelo, quando il Po, aumentando di portata e di velocità, trasportò enormi quantità di blocchi di ghiaccio.
Le cronache raccontano di climi eccezionalmente rigidi anche nel XIX secolo: si ricordano il 1870, 1871 e 1879-1880 (si registrarono punte di -18,5°), ed anche il 1883 e 1893. Nel 1814, 1830, 1845 e 1848, ghiacciarono completamente i laghi della Svizzera, i grandi fiumi dell’Europa centrale e certe aree del Mare del Nord e del Baltico. Risalendo ancora di più nel tempo si sa che nel 1744 e 1745 il Tamigi gelò per oltre un mese e la navigazione rimase interrotta; nel 1740 a Pietroburgo si costruì un salone di ghiaccio “lungo 52 piedi, largo 16 e alto 20”. Nel 1709 oltre al Po gelarono quasi tutte le viti e molte piante da frutta, così come nel 1635 il ghiaccio imprigionò tutti i corsi d’acqua del piacentino tanto che per due mesi nessun mulino poté macinare, causando una grave e lunga carestia, inoltre congelò il vino nelle botti.
Nel 1549 sopraggiunse il grande gelo: nella notte fra il 3 e il 4 dicembre una forte nevicata depose “circha un brazo di neve”. L’evento meteorologico andò a sommarsi alla siccità iniziata a maggio, in conseguenza della quale il Po in grande magra si ghiacciò in vari punti tanto che “con li homini a cavalo s’è passato su la mira di Cremona… fra li altri Messer Francesco Maria Angossola da la Cimafaba ge lo passò a lì 15 dil predito Mese”. Il Campi scrisse che “dal mese di dicembre incominciò un freddo fierissimo, per il quale il Po s’aggiacciò di maniera che passavano gli uomini, le bestie cariche ed anco i carri; ed alli 15 di detto mese io li viddi sopra il giaccio più di 20m. persone, assicurandosi anche le gentildonne di farle correre sopra i cocchi”.
Nel 1511 il Po si ricoprì di uno strato consistente di ghiaccio e neve; nel 1442 vi fu carestia prodotta dal gran freddo durato per molto tempo (sul Po ghiacciato si passava con cavalli e carri), scese molta neve la quale, nello sciogliersi, causò alluvioni; nel 1403 oltre al Po, attraversabile da persone, cavalli e carri, e all’acqua dei pozzi, gelò il vino (“che conveniva rompere a colpi d’ascia”).
Nel 1234 congelò completamente il Danubio e si poteva andare a piedi da Torino all’Adriatico passando sul Po con carri anche pesanti e bestie, inoltre il pane diventava talmente duro che doveva essere spezzato con accette o martelli; la stessa situazione si era presentata nel 1211; nel 1184 vi fu un’altra forte ondata di gelo, così come negli anni 1082, 1125-26, 1199, 1216, 1225, 1234 (i tronchi di alberi quali noci e querce si squarciarono così come nell’aprile 1399); nell’822 e 604 tutti i grandi fiumi dell’Europa -compreso il Po- ghiacciarono di modo che per un mese si poté attraversarli con carri anche molto pesanti…


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